Chi resta? Chi molla? E chi ricomincia?

Rapporto sulle tendenze

Chi resta? Chi molla? E chi ricomincia?

27 settembre 2016 upsa-agvs.ch - In Svizzera un tirocinio professionale su quattro finisce prematuramente. Il ramo dei professionisti dell’auto rientra quasi perfettamente nella media. Pur non essendo drammatico, il dato non va preso sotto gamba.
 
Il termine di «interruzione del tirocinio» è fuorviante. Lo scioglimento del contratto di tirocinio, infatti, non segna automaticamente la fine della formazione. Sebbene il 20-25% di tutti i contratti venga disdetto prima del tempo, il 50-77% degli apprendisti interessati prosegue la formazione - molti lo fanno subito, alcuni nel giro di due o tre anni. Questi sono i risultati a grandi linee del rapporto sulle tendenze stilato dall’Istituto Universitario Federale per la Formazione Professionale (IUFFP) in riferimento alla frequenza, alle cause e alle conseguenze dello scioglimento dei contratti di tirocinio.
 
Il documento rileva che le interruzioni dei tirocini sono più frequenti nella Svizzera occidentale che in quella tedesca e che hanno un’incidenza maggiore nei centri urbani rispetto alle zone rurali. Inoltre, il rapporto suddivide le interruzioni per gruppi professionali, riscontrando una ricorrenza elevata nel settore dei parrucchieri e degli estetisti (40%) e nella ristorazione (35,6%). Lo scioglimento dei contratti di tirocinio è oltre la media anche nell'edilizia (29%).  Il ramo dei professionisti dell’automobile segna un 26,9%, attestandosi leggermente al di sopra della media svizzera (24,37%).
 
Se i dati sono piuttosto moderati, i motivi non potrebbero essere più diversi. Quanto agli apprendisti, si segnalano un rendimento scolastico insufficiente, scarsa motivazione e disinformazione sul mestiere o sull’azienda. Ma sono anche i conflitti sul posto di lavoro e condizioni di formazione non soddisfacenti a spingere i giovani a gettare la spugna. Delle indagini condotte in Germania dimostrano che gli scioglimenti di contratto sono molto più rari nelle grandi aziende che in quelle piccole.
 
Chi ricomincia subito ha maggiori probabilità di successo
Tutti gli studi concordano su un punto: più velocemente i giovani riprendono la formazione interrotta, più alte sono le probabilità che essa vada a buon fine.  Dopo la disdetta, i più rientrano nel mondo della formazione in tempi relativamente brevi. Nel Canton Zurigo, ad esempio, il 60% circa dei giovani che avevano sciolto il loro rapporto di tirocinio tra il 2007 e il 2009 ha ripreso il cammino formativo nell’arco di tre anni.
 
Quelli che proprio non ce la fanno rappresentano invece un problema per la socialità e l’economia nazionale. Chi, a tre anni dallo scioglimento del contratto, non trova un’alternativa qualificante è esposto a un rischio maggiore di restare a lungo fuori dal circuito della formazione professionale. In Svizzera non esistono però cifre che indichino l’esatta consistenza di questo gruppo. Le ripercussioni per questi giovani sono comunque pesanti: non parliamo solo delle implicazioni psichiche ma anche e soprattutto delle conseguenze economiche. Gli interessati rischiano infatti di incappare in lavori mal pagati per tutta la vita. Uno studio ha quantificato in 300’000 franchi la perdita di salario subita durante l’intera vita professionale. I giovani non qualificati sono dunque più esposti al rischio di dover ricorrere agli aiuti sociali.
 
Il danno economico per le aziende è invece contenuto: il rapporto quantifica infatti in appena 1000 franchi i costi a carico di ogni impresa. La cifra è così esigua perché in Svizzera gli apprendisti vengono inseriti rapidamente nelle attività produttive, ragion per cui i costi netti sono minimi sin dall’inizio della formazione.
 


Olivier Maeder: «Il 25% è troppo»


Nel settore automobilistico, navale e aeronautico è un apprendista su quattro a interrompere il tirocinio. Questo dato non la sorprende?
Olivier Maeder, responsabile UPSA del settore Formazione: Non mi sorprende, anzi...coincide con ciò che stiamo vivendo.  Resta il fatto che la cifra sia troppo alta.
 
Cosa fanno i garagisti svizzeri per contenere il numero di interruzioni dei tirocini?
Nel reclutamento ricorriamo innanzitutto al test d’idoneità UPSA, che ci consente di trarre conclusioni e di consigliare la formazione della durata più congeniale, che sia di due, tre o quattro anni. La raccomandazione si fonda sostanzialmente sulla probabilità che l’apprendista finisca la scuola professionale. Questo fattore ricorre spesso nello scioglimento dei contratti di tirocinio. Inoltre, i tirocini d’orientamento consentono di accertare la compatibilità degli apprendisti con il team e le loro competenze sociali.

Dal rapporto sulle tendenze emerge che le grandi imprese registrano meno interruzioni di tirocini rispetto a quelle piccole. Il fenomeno coincide con le sue esperienze pratiche?
Non posso esprimermi in merito. Il ramo dei professionisti svizzeri dell’automobile è costituito principalmente da piccole e medie imprese. Le grandi realtà aziendali come Emil Frey AG e AMAG sono una minoranza. E comunque la qualità della formazione non può essere ricondotta solamente alle dimensioni delle imprese.

Il rapporto quantifica i costi dell’interruzione dei tirocini in appena 1000 franchi a impresa. Si potrebbe quasi dire: «Perché sforzarsi? In fin dei conti non è un problema...»
Non si può ridurre il fenomeno al solo aspetto finanziario. I tirocini interrotti non giovano né agli apprendisti né alle aziende. È vero che il nostro sistema con le sue formazioni professionali di due, tre o quattro anni è tutt’altro che ermetico e permette quindi di passare da un livello all’altro in modo relativamente facile. Ma non è certo questo l’obiettivo.



 
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